Con la Turin Curling Cup disputata al PalaTazzoli tra venerdì e ieri è sostanzialmente calato il sipario sulla stagione del curling di Torino e Piemonte. Agonisti e appassionati si ritroveranno sul ghiaccio al rientro dalle vacanze estive, per preparare al meglio una nuova annata e con la speranza di accogliere nuovi giocatori. Per chi ancora conosce poco questa particolare disciplina ecco quindi qualche curiosità, da leggere nei prossimi mesi di off-season e da sperimentare in pista nel prossimo autunno.
Storia
Il curling nacque sui laghi ghiacciati della Scozia nel 16esimo secolo e nel 1716 venne istituita la prima società ufficiale: i Curlers of Kilsit. Alla fine del ‘700 comparvero le prime stones con impugnatura in metallo e nel 1838 fu fondato il Royal Caledonian Club, primo passo verso una regolamentazione universale del gioco che giunse poi nel 20esimo secolo. Nel 1959 Scozia e Canada organizzarono a Edimburgo e Falkirk le Scotch Cup Series, gara che rappresentò il primo “Mondiale” e che coinvolse i campioni nazionali dei due paesi. Il curling si diffuse negli Stati Uniti e in Europa, tra Svezia, Norvegia, Svizzera, Germania e Francia. Nel 1966 a Vancouver, a partire dalle sette nazioni citate, nacque la Federazione Internazionale, che nel 1991 divenne la World Curling Federation.
L’esordio della disciplina alle Olimpiadi Invernali avvenne nel 1998 a Nagano, ma già nel 1924 e nel 1932, rispettivamente a Chamonix e Lake Placid, il curling era stato sport dimostrativo; nel 2002, inoltre, furono rese ufficiali le medaglie assegnate nella prima storica edizione del ’24: l’oro alla Gran Bretagna, l’argento alla Svezia e il bronzo alla Francia. Nel medagliere dei Giochi Canada e Svezia sono le nazioni più premiate a livello maschile e femminile rispettivamente. Sono anche i due paesi che hanno conquistato più titoli e medaglie mondiali, seguiti da Scozia, Stati Uniti, Norvegia e Svizzera.
Il gioco
Le squadre sono composte da quattro giocatori che a turno lanciano due stones ciascuno. I lead sono i primi a lanciare e si alternano tra loro, così come i second, i third e gli skip (i capitani), che chiudono gli end (le manches) e che di conseguenza devono gestire i tiri probabilmente decisivi. Solo una squadra ottiene punti all’interno di un end, pari al numero di stones piazzate più vicine al centro del bersaglio – house – prima della più vicina stone avversaria. Nella fase di gioco, una volta che il giocatore ha lanciato la stone, i compagni di squadra ne modificano traiettoria e velocità con l’azione di sweeping, strofinando cioè la superficie ghiacciata con scope – broom – che scaldano e di conseguenza fondono il ghiaccio in modo da ridurre l’attrito tra stone e superficie. Sulla pista ci si muove calzando una scarpa con suola liscia, che permette di scivolare, e un’altra antiscivolo, per spingersi e frenare.
I tiri possono essere in-turn o out-turn, a seconda che la rotazione data alla stone si oraria o antioraria. Si tira per avvicinarsi al centro del bersaglio o per bocciare le stones avversarie (take out), o ancora per coprire le proprie e renderle meno “attaccabili”. La stone ha dimensioni e massa regolamentate dalla Federazione Internazionale, che si aggirano intorno ai 20 kilogrammi e 90 centimetri di circonferenza. La pista è lunga quasi 45 metri e larga 4,75. La partita dura 10 ends e ogni squadra ha a disposizione 73 minuti per completare i propri lanci; in caso di parità si procede con un extra end per determinare il vincitore.
Altri termini tecnici
A proposito di tiri, il delivery è quello d’inizio. I giocatori che tirano si spingono sul ghiaccio grazie a una sorta di blocco di partenza detto hack e devono lasciare la stone entro una linea tracciata sulla pista detta hog line. Il draw è il lancio che porta la stone all’interno della house (il bersaglio), mentre il raise è quello che spedisce una stone contro un’altra, mandando quest’ultima nella house. Con una guard si posiziona una stone a riparo di un’altra, ma l’ostacolo può essere aggirato con un come around. Il freeze, infine, è il tiro che permette alla propria stone di toccarne una avversaria e fermarsi.
“Spirit of curling”
Tecnica e tattica sono padrone del curling. Si vince prevedendo le mosse dell’avversario, giocando di squadra senza commettere errori. Proprio per questo molti addetti ai lavori paragonano la disciplina agli scacchi, sottolineando però anche un’importante componente fisica. Tutti i giocatori di alto livello ormai sostengono una completa preparazione atletica, indispensabile per esempio per mantenere l’equilibrio nell’azione di scivolata durante il tiro e per l’intensità dello sweeping. A tutto questo si aggiunge il fair play, che contraddistingue ogni ambiente di curling dentro e fuori dalla pista e che in estrema sintesi può riassumersi con l’affermazione “meglio perdere piuttosto che vincere scorrettamente”. Lo spirit of curling anima sinceramente ogni giocatore; per questo motivo gli incotri non hanno bisogno di arbitri e si concludono con il goliardico terzo tempo, nel quale il vincitore paga da bere allo sconfitto.
Luca Bianco
Foto di Renzo Bussio