Un’alba, un tramonto, stare insieme alle persone più care e conoscere nuova gente. Sono le cose più semplici a farci sentire bene davvero. Spesso ce ne dimentichiamo, presi dal lavoro e dalla vita di tutti i giorni, ma fortunatamente c’è ancora qualche occasione per riscoprire ciò che ci rende davvero felici. E ci sembra di vivere in una dimensione parallela, tanto che quando torniamo nel “mondo reale” avvertiamo soltanto una sensazione di vuoto e un grande desiderio di volare via di nuovo.

Può riassumersi in questo modo l’esperienza vissuta da Walter e Daniele Bottallo nei primi giorni di marzo. Un’esperienza unica, totalizzante: il Panda Raid, un rally nel deserto a bordo di una Panda e insieme ad altre 349 Panda (vecchio modello), attraverso 2000 km di strada da Madrid a Marrakesh. La competizione è stata solo una delle componenti di questo viaggio e neppure la più importante. Hanno lasciato il segno la lunga avventura, il divertimento, i luoghi peraltro già esplorati in passato, l’amicizia e lo spirito di collaborazione nati in maniera del tutto spontanea con moltissimi altri partecipanti. E naturalmente il fatto di aver vissuto tutto quanto tra padre e figlio.
“Una settimana fuori dal mondo” assicurano Walter e Daniele, “il Panda Raid è ‘compagno di squadra, macchina e Marocco’; si viaggia per nove ore tutti i giorni, anche se poi alla sera ci si ritrova con gli altri equipaggi, attorno a un falò o davanti a una birra, si mettono in comune le esperienze della gara e si scoprono storie incredibili”.

Molti degli iscritti alla manifestazione portano con sé un passato particolare, spesso un passato di auto e di motori. Si sta insieme come amici di vecchia data anche se ci si conosce da poche ore. I 18enni danno del tu ai 70enni, i campioni di rally danno consigli agli amatori e ai neopatentati. Il deserto unisce perché è un ambiente ostile quanto affascinante; perché “se la tua Panda si insabbia ti dò una mano a spalare, così tu aiuterai me quando mi bloccherò a mia volta”.
Naturalmente c’è anche chi affronta il Panda Raid in maniera più agonistica. Walter e Daniele hanno accarezzato il sogno della vittoria nelle prime due tappe, entrambe chiuse al primo posto. Così dopo due giornate si sono trovati in vetta alla classifica generale, un risultato riuscito a nessun italiano nelle precedenti nove edizioni. Poi nella terza e nella quarta prova hanno sperimentato alcune delle insidie che una gara del genere nasconde e sono scivolati indietro in graduatoria, ma non hanno perso l’entusiasmo e hanno disputato due ottime tappe conclusive, godendosi il viaggio fino all’ultimo metro.
Sono partiti venerdì 2 marzo dall’Autodromo del Jarama, vicino a Madrid e sono giunti a Marrakesh una settimana più tardi. Dopo il trasferimento in Marocco, attraverso una lunga traversata della Spagna e un breve spostamento in traghetto, è cominciato il rally vero e proprio, con una tappa “zero” di 80 km tra Nador e il Lago Mohamed. “La prima notte abbiamo dormito in macchina” raccontano, “pioveva così forte che quando siamo arrivati al campo per piantare la tenda il terreno era già pieno di fango. E al mattino dopo tutto quel fango ce lo siamo trovato ‘cementato’ sulle gomme dell’auto; per fortuna un signore del posto ci ha lavato la macchina con la sua pompa d’acqua”.

Con la prima tappa i “Bottallos” hanno raggiunto Benni Taddjite dopo 386 km, comprendenti la prova speciale da percorrere secondo le indicazioni di velocità limite e tracciato indicate nel road book. Alla fine, quasi a sorpresa, si sono trovati al primo posto, avendo concluso la tappa entro il tempo limite e la prova speciale esattamente con il tempo indicato nel road book: 26 minuti 13 secondi. Daniele ha scoperto il piazzamento alla sera leggendo un messaggio scritto da amici dall’Italia, mentre il papà già dormiva; Walter invece è venuto a saperlo grazie ai complimenti ricevuti al mattino da molti altri partecipanti.
Un perfetto gioco di squadra, con Walter al volante a fare i conti con una strada tutt’altro che regolare e Daniele accanto a lui a “condurlo”, tenendo d’occhio manuale, cronometro e conta kilometri. Nel rapporto pilota-navigatore hanno ritrovato la stessa intesa e complicità, lo stesso rapporto di cieca fiducia che lega padre e figlio. Nel corso della settimana, pur alternandosi alla guida, hanno mantenuto invariata la “disposizione” nelle prove speciali.

Ancora primi sul traguardo di Errachidia dopo 184 km tra i mondi dell’Atlante i due torinesi hanno fatto i conti con il deserto nelle successive prove. Nel percorso verso Merzouga (212 km) hanno sbagliato strada e si sono ritrovati nel letto prosciugato di un torrente, uscendone con un gioco di equilibrismo tra i ciottoli; nella quarta tappa con arrivo a Tafraoute (244 km) si sono invece insabbiati, ripartendo con “lavoro di braccia e di pala” e con la “spinta” di un altro equipaggio, a sua volta aiutato a rimettersi in moto.
Tutto liscio nelle successive due tappe, con traguardo a Tansikht dopo 263 km e a Marrakesh dopo 309. “L’obiettivo era arrivare in fondo (non scontato, visto che ben 80 equipaggi sono stati costretti al ritiro), ci siamo riusciti e per questo siamo soddisfatti” affermano, “certo che dopo le prime due giornate avevamo sognato qualcosa anche a livello di classifica. Possiamo dire che è stata un’esperienza incredibile, ci ha coinvolto al cento per cento e catapultati in un altro mondo”.
“La Panda è stata perfetta grazie all’ottimo lavoro del team” concludono, “e alla fine ci siamo resi conto di aver caricato a bordo parecchie cose superflue (scorte d’acqua e di benzina in eccesso, vestiario e alimenti per esempio), che hanno appesantito inutilmente la macchina. L’anno prossimo le lasceremo a casa per essere più competitivi; sì, perché ovviamente torneremo al Panda Raid anche nel 2019”.
Luca Bianco
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