Patrizia Saccà e lo yoga “a raggi liberi”

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Pubblicato il: 07/11/2018


Patrizia Saccà - Foto di Massimo Pinca (8)

Atleta paralimpica e allenatrice di tennis tavolo, membro della giunta nazionale del Comitato Italiano Paralimpico e da qualche tempo anche istruttrice di yoga, importante traguardo raggiunto nel corso di un viaggio intrapreso ventisette anni fa. Patrizia Saccà scoprì questa disciplina nel 1991, in un periodo nel quale studiava per diventare naturopata e si allenava in vista dei Giochi Paralimpici di Barcellona dell’anno seguente. «Spesso l’emotività non mi permetteva di giocare al meglio in partita e di conseguenza ero in cerca di un metodo che mi potesse aiutare a tranquillizzarmi prima di scendere in campo – racconta Patrizia – un giorno per caso trovai un volantino in un negozio di alimenti biologici e iniziai a frequentare le prime lezioni. Pensavo che mi avrebbero aiutata a trovare concentrazione nelle gare, ma presto mi accorsi che lo yoga andava ben oltre; è un mondo vastissimo, è un vero e proprio stile di vita».

Patrizia scendeva dalla carrozzina, si sedeva per terra e svolgeva gli esercizi che il corpo le permetteva. Ogni sera durante le Paralimpiadi del 1992 ascoltava le registrazioni del suo maestro, ritagliandosi cinque minuti di meditazione anche prima degli incontri. Nella finale per il bronzo si trovava sotto nel punteggio e con l’avversaria a un passo dalla vittoria; «riuscii a trovare una sorta di ‘silenzio mentale’ e iniziai a giocare al meglio delle mie possibilità senza più paure – ricorda – conquistai quel match e al di là delle questioni tecniche penso di esserci riuscita soprattutto grazie allo yoga».

Patrizia non ha mai abbandonato questa disciplina; ha continuato a praticarla e a scoprirla, con passione e curiosità, dedicando tutta sé stessa, come del resto in tutte le attività intraprese nella sua vita. E nello scorso dicembre ha ottenuto il diploma di istruttrice nella scuola CSEN. «Grazie al dottor Luigi Torchio e ad Aurora Lo Sapio – aggiunge – docenti che mi hanno subito accolta, quando altre scuole non mi avevano permesso di frequentare il corso». All’esame ha presentato una tesi sul “Saluto al Sole”, sequenza di dodici asana (posizioni, in lingua sanscrita) che genera un beneficio globale sul corpo, completamente impegnato grazie alle particolari posture e rigenerato dalla respirazione.

Esistono oltre cento tipi di “Saluto al Sole” e Patrizia ne ha brevettato uno partendo dalla propria esperienza personale, adattandolo quindi a persone con disabilità motoria (e non solo). I suoi asana sono tutti in posizione seduta e in realtà sono esercizi praticabili da chiunque. «I benefici che lo yoga offre sono gli stessi per disabili e normodotati – assicura Patrizia – le persone in carrozzina tendono a perdere elasticità muscolare, ad assumere posture scorrette e respirare in maniera incompleta; e spesso faticano ad accettare la propria condizione. Lo yoga aiuta a ritrovare l’armonia a livello fisico e mentale, una necessità di equilibrio di cui tutti hanno bisogno».

Per spiegare il suo “Saluto al Sole”, per abbattere i pregiudizi sullo yoga “non accessibile” e per sensibilizzare futuri insegnanti sulla creazione di programmi adatti a persone con disabilità motorie, Patrizia ha scritto un libro intitolato “Yoga a Raggi Liberi”. I raggi sono una metafora per rappresentare il sole, il sorriso e le ruote della carrozzina, elemento che non rappresenta un ostacolo ma semplicemente un nuovo punto di partenza per scoprire nuove possibilità. Il libro è il primo in assoluto dedicato alla pratica dello yoga per disabili.

«È stato il frutto di un grande lavoro di squadra insieme a Cecilia Martino, Raimondo, Veronique, Maren, Edy e Federico – sottolinea Patrizia – volevo che uscisse per la festa della mamma del maggio scorso, per ricordare una persona importantissima nella mia vita a dieci anni dalla sua scomparsa. E con l’aiuto di questo team ci siamo riusciti». Oggi Patrizia Saccà segue un gruppo comprendente cinque persone in carrozzina e cinque normodotate, ma già da molto tempo propone esercizi di yoga anche negli ospedali e nelle unità spinali. Insegna ad ascoltare il corpo con il suo “Saluto al Sole”; per cominciare basta chiudere gli occhi, il primo piccolo (ma fondamentale) passo per iniziare un lungo e bellissimo viaggio dentro sé stessi.

Atleta e allenatrice per trasmettere la propria passione
«Ho scelto il tennis tavolo perché mi permetteva di competere contro atleti normodotati». Negli anni ’80 Patrizia Saccà ha cominciato con questo pensiero un viaggio lunghissimo, passato attraverso diciotto titoli italiani, numerosi podi a Campionati Europei e Mondiali, una medaglia alle Paralimpiadi di Barcellona del 1992 – il bronzo a squadre – e un’altra partecipazione ai Giochi Paralimpici, a Pechino nel 2008. Patrizia ha sempre praticato sport. Fin da bambina, quando sognava di diventare una ballerina e soprattutto un’amazzone; e poi anche in carrozzina, dopo l’incidente, sperimentando atletica, basket, tiro con l’arco e nuoto. Scelse il tennis tavolo perché poteva confrontarsi contro avversari normodotati, come in una sorta di rivincita nei confronti della sua disabilità. È stata una delle prime atlete a giocare a buoni livelli in tornei misti, contribuendo ad abbattere pregiudizi e aprendo nuove possibilità nello sport paralimpico. Nel 2000 è diventata allenatrice, per avvicinare i ragazzi all’attività motoria e regalare a persone in carrozzina uno svago e una nuova vita.

«La mia medaglia più bella è stata proprio la possibilità di insegnare – afferma – cerco di trasmettere l’agonismo, che mi ha regalato libertà e indipendenza, ma soprattutto la mia passione per lo sport. Il tennis tavolo, in particolare, allena i riflessi, l’attenzione, la coordinazione e la velocità senza grandi stress fisici; è perfetto in fase di riabilitazione, perché aiuta a riscoprire il proprio corpo dopo il trauma. E poi è un gioco e come tale genera divertimento e benessere». Un benessere simile Patrizia l’ha trovato nello yoga, che pratica da ventisette anni e di cui è istruttrice dal dicembre scorso. «L’unione che da giocatrice trovavo con racchetta e pallina l’ho ritrovata con me stessa – spiega – è una disciplina che dà consapevolezza, grazie alla cura della respirazione e all’ascolto del proprio corpo. Negli anni ’90 mi sono impegnata tanto affinché il tennis tavolo fosse unico per persone disabili e normodotate; lo stesso vale ora per lo yoga, che è armonia e incontro con il cuore».

Luca Bianco

Foto di Massimo Pinca

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